“Dalla Porta Fontebranda salga per tutta la strada di S.Caterina, occupando la crociata, cioè da man sinistra, sino alla Chiesa curata di Sant’Antonio inclusivè, cogli edifizi della Tira, da man destra poi salga a Diacceto, comprendendo le Case a destra fino all’Osteria della Scala, ed a sinistra tenendo vada nella Arte della Lana, ed esclusa la Chiesa curata di S. Pellegrino occupi la via dell’Arte fino a S. Andrea Gallerani inclusiva man sinistra, e da man destra fino al Vicolo che svolta all’Osteria della Rosa, colla Piaggia che porta alla Chiesa Curata di Sant’Antonio, e ad essa appartenga la Costaccia a man sinistra a venire da Porta Fonte Blanda alla Porta Salaria, e i vicoli tutti entro a d. Recinto”.
Fin qui l’ormai arcinoto Bando di Violante di Baviera del 1729. Come in altri casi l’interpretazione dello stesso, a causa delle mutate condizioni dell’ambiente, può prestarsi a qualche contenzioso, ma anche recenti, dotte e inconfutabili precisazioni hanno posto una parola pressoché definitiva sui siti appartenenti alla nostra Contrada.
Si tratta di un territorio di grande rilevanza dal punto di vista architettonico, storico, sociale e religioso. Fontebranda ( o Fonte Branda) è la fonte più antica di Siena; secondo il Pecci potrebbe avere preso il nome dalla Famiglia dei Brandi mentre altri indicano l’origine da un Brandus, antico proprietario del luogo. Il primo documento che ne attesta l’esistenza è del 1081 mentre la copertura a volta avvenne nel 1246.
La presenza delle acque nella zona comportò, nel XIV secolo, la realizzazione di fonti e lavatoi destinati all’arte della lana. Sorsero così lavoranti e botteghe destinate alla produzione laniera, attività che caratterizzò il rione di Fontebranda fino ai primi del Nocevento lasciando una profonda impronta nella sua toponomastica. E’ il caso della costa dei Tintori (antico tratto di Via Santa Caterina dalla fonte all’Incrociata), del Vicolo della Macina, della Via dell’Arte della Lana (oggi Via delle Terme) ma soprattutto del vicolo del Tiratoio al lato del quale si staglia quello che fu il voluminoso edificio delle Tira.
Sorsero nella zona, ben cinque edifici destinati ad ospitare le attrezzature per la tiratura dei panni. Rimane solo quello di Vicolo del Tiratoio.
Tornando al “piano di Fontebranda” , l’insediamento che per secoli ha insistito nella zona è stato quello destinato alla macellazione degli animali – oggi trasformati in laboratori artigianali e servizi – che permisero a tante famiglie di ocaioli di vivere con agio rispetto alle condizioni generali in cui versava la città.
L’insediamento religioso a tutti noto è la Casa natale di Caterina, divenuta Casa-Santuario, è situata dove il padre, Jacopo Benincasa, aveva il fondaco per tingere i panni e dove viveva la copiosa famiglia.
Di Vicolo del Tiratoio abbiamo già detto, mentre è luogo storico di incontro degli ocaioli “l’Incrociata”, cioè l’incrocio di Via della Galluzza con Via Santa Caterina e con la Costa di Sant’Antonio.
Il territorio ospita importanti tabernacoli: quello di Vittorio Giunti, in Via della Galluzza (raffigura la Sacra Famiglia); nel 1937 costò 400 lire. Un altro tabernacolo si trova poggiato sul lato destro di Via Santa Caterina, a salire dall’ Incrociata, ed è opera attribuita a Liborio Guerrini che lo dipinse nel 1807. Raffigura la Madonna Addolorata. Originariamente l’ “edicola” ospitava un affresco del Pacchiarotto ma fu andato perduto in occasione del terremoto di cui abbiamo già detto. Riccardo Tommasi Ferroni, recentemente scomparso, donò alla Contrada l’opera che si può ammirare nel Vicolo del Tiratoio, sopra l’ingresso alla sede storica della Contrada. Si tratta di “Madonna con Bambino e un’oca “ e fu inaugurato nel Maggio del 1990. Infine nel Cortile degli ex Macelli Comunali si trova un “Sant’Antonio Abate” opera del Maestro Formichi e che, nel 1847, sostituì un dipinto di analogo soggetto ricordato dal Macchi come “S. Antonio in Fontebranda dalli scorticatori”.
Vicolo del Forcone, Il Costaccino, Via dei Pittori e Il Campaccio, fino all’inizio di Camporegio, il Vicolo del Trapasso e quello del Forcone sono altri luoghi che hanno visto nascere e crescere generazioni di ocaioli ed hanno ospitato i classici giochi di rione.